Chi siamo

La Compagnia ieri

Siamo nel 1959, e da un gruppo di giovani che frequenta l'oratorio Santa Teresa, come allora (e ancora oggi) viene popolarmente chiamato l'oratorio dei Salesiani di San Giovanni Bosco, retto, da sempre, dai padri salesiani, nasce una Compagnia teatrale, che si esibisce, per il piacere degli amici e del pubblico del quartiere, nel teatrino dell'oratorio con l'allestimento di spettacoli di intrattenimento, basati su musiche e canzoni dell'epoca e scenette comiche. E, tra il pubblico, il destino vuole che sia presente uno spettatore particolare: Cesare Volta.


Da questo primo incontro alla nascita ufficiale della "Compagnia Dialettale Pavese" il passo è breve; la formazione della Compagnia rappresenta la naturale evoluzione di quei primi approcci teatrali.


Perché dialettale? La spiegazione è semplice. Cesare Volta è da poco arrivato a Pavia dalla vicina Emilia e, come tutti, subisce il fascino della ex capitale regia e si innamora, non soltanto della città ma, ascoltandolo, del nostro bel dialetto.


L'idea di Cesare Volta, che si rivelerà vincente e che costituirà il fondamento della nuova formazione teatrale, è quella di proporre a quel primo gruppetto di amici un progetto di spettacolo che racconti, in dialetto, le storie della nostra città.


 


La "Compagnia Dialettale Pavese" nasce così: guidata magistralmente da Cesare Volta diventerà, anno dopo anno, una vera leggenda, tanto da entrare stabilmente nel cuore della popolazione pavese e da divenire un solido elemento di storia locale.


Oggi, "La Compagnia Dialettale Pavese", costituitasi, come cooperativa a r.l. nel 1997, e composta, in buona parte, da un gruppo storico scaturito da precedenti esperienze teatrali, a cui si aggiungono giovani e validi elementi molto determinati, ha l'intento di contribuire, preservare e diffondere, tramite l'organizzazione di spettacoli teatrali, la cultura dialettale e le tradizioni popolari pavesi. 

La Compagnia oggi

L’intento di tutti i componenti della Compagnia è quella di proseguire sulla strada indicata dal Maestro.


Non è però facile trovare testi adatti alla Compagnia, che ha elaborato una forma di spettacolo, consolidata ed ormai giustamente basata sul particolare repertorio che il pubblico conosce, ama ed applaude in quanto riviviscenza dell’inestinguibile fascino dell’antica scuola popolare italiana, in cui confluiscono i bozzetti della “scapigliatura di paese” e l’eloquio vernacolare dalle tinte accese, con situazioni di cortile, gag impastate di popolare malizia e numeri cantati e danzati. E’, soprattutto, il “travestimento”, inteso non come elemento di ambiguità bensì di ironia, capace di far ritrovare le valenze di quel teatro popolare che ha segnato la nostra vita culturale e sociale, raccontando le vicissitudini di Serena, di Domenico e della figlia Mafalda, e degli amici - nemici del cortile, essenziali nelle storie legate alla famiglia Cavagna.


 


Ogni volta che si appresta a tornare in scena la Compagnia non solo è tenuta quindi a rispettare, e lo fa da una cinquantina d’anni, il gusto del pubblico, ma deve realizzare la difficile impresa di “fare” un teatro che abbia tutti i titoli per poter essere definito tale, nella struttura drammaturgica, nella messinscena, nei costumi e nella recitazione. 

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